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Da quel momento,
Matilde andò in biblioteca solo una volta alla settimana, per
prendere nuovi libri e restituire quelli già letti.
La sua cameretta diventò una sala di lettura, dove passava i
pomeriggi seduta a leggere, con
una tazza di cioccolata calda accanto.
Ancora non riusciva a raggiungere certe cose, in cucina, ma nel capanno
del giardino teneva una cassetta e la portava in casa per salirci sopra
e prendere quel che voleva.
In genere si preparava una cioccolata calda riscaldando il latte in
un pentolino, sul fornello a gas, prima di aggiungere il cacao.
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Betta Dolcemiele
era mite e tranquilla, non alzava mai la voce e sorrideva di rado, ma
aveva la rara capacità di farsi amare al primo sguardo dai propri
alunni.
Sembrava che capisse perfettamente quanto i bambini piccoli si sentano
smarriti e spaventati quando per la prima volta vengono radunati in
una classe, come bestiame, e obbligati a obbedire agli ordini.
Dal viso della signorina Dolcemiele emanava uno strano calore, particolarmente
intenso quando parlava a un bambino confuso e pieno di nostalgia per
la propria casa.
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Si trattava
di un donnone davvero colossale.
In passato era stata unatleta famosa, e anche adesso i suoi muscoli
apparivano poderosi.
Aveva il collo taurino, spalle enormi, braccia grosse, polsi fortissimi
e gambe più che robuste.
Bastava guardarla per capire che avrebbe potuto piegare una sbarra di
ferro, o strappare in due un elenco telefonico.
Il viso, purtroppo, era tuttaltro che bello: mento ostinato, bocca
crudele e piccoli occhi arroganti.
E quanto ai suoi vestiti... non si può fare a meno di definirli
stravaganti.
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La Spezzindue
si chinò allindietro per bilanciare il peso della ragazzina
roteante, e prese a piroettare con abilità sulla punta dei piedi.
In breve Amanda Trippi venne fatta girare così rapidamente che
non la si vedeva più e a un tratto, con un urlo bestiale, la
Spezzindue mollò le trecce e la bambina fu proiettata oltre la
rete metallica del cortile.
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In piedi alle
sue spalle, la Spezzindue allungò il braccio e afferrò
le orecchie del bambino, una per mano, stringendole tra pollice e indice.
Ahi! strillò Enrico. Mi fa male!
Non ho neppure cominciato disse la Spezzindue, bruscamente.
E stringendogli con forza entrambe le orecchie, lo sollevò e
lo tenne sospeso per aria.
Come Ruggero prima di lui, anche Enrico strillava a più non posso.
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Da
allora, Matilde si chiuse in camera tutti i pomeriggi, dopo la scuola,
per esercitarsi con il sigaro.
E in pochissimo tempo il piano fu perfettamente a punto.
Sei giorni dopo era capace di sollevare il sigaro in aria e di farlo muovere
come voleva lei.
Era splendido.
Ci sono riuscita! Riesco a sollevarlo e a farlo muovere a mezzaria
come mi pare e piace, con il solo potere dello sguardo!
Ormai non le restava che passare allazione. |
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